7/13 maggio 2003:
Non esiste il Guardiolismo del City, non esiste la macedonia di campioni del PSG, lo United di Ferguson è in transizione tra l'era di Beckham e quella di Ronaldo, il Barcellona scoprirà Messi solo l'anno successivo: il calcio più bello del mondo, figuriamoci d'Europa, si gioca in Italia. Delle 7 sorelle, di cui potremmo parlare all'infinito, le 3 più grandi sono arrivare tra le 4 semifinaliste della Champions League: Juve, Milan ed Inter. Caso vuole che da una parte del tabellone siano proprio le due coinquiline di quella che fino a 15 anni fa era tranquillamente la Capitale del calcio: Milano.
Inter e Milan si affrontano 2 volte in 6 giorni, nelle partite, che a detta di "gentaglia" come Costacurta o Gattuso, saranno le più ansiogene della loro non proprio rilassante carriera. La tensione di un'intera città sulle spalle, che avrebbero evitato in ogni modo, anche a costo di affrontare la Juventus di Lippi ormai campione d'Italia, o il primo Real dei Galacticos, ma sopratutto di Ronaldo, il Fenomeno.
Sulle panchine, due perdenti di successo: Héctor Cuper dopo le clamorose finali perse nel 2000 e 2001 alla guida del Valencia, ed il tragico scudetto perso all'ultima giornata, il 5 maggio precedente, e Carlo Ancelotti dopo i deludenti secondi posti con la Juve fatta per vincere di Zidane. Dicono tutti che chi perde il derby se ne va, alla fine rimarranno tutti e due, ma uno vincerà la Champions quell'anno, e non solo...
Nelle difese almeno 3 dei 7 schierati al ritorno entrerebbero di diritto in un Olimpo adibito al loro ruolo: Alessandro Nesta, Fabio Cannavaro e Paolo Maldini
Contro di loro ci sarà un Alvaro Recoba in una delle sue giornate "assolutamente no", senza Vieri da innescare; e l'Andriy Shevchenko più criticato ed inceppato di sempre.
L'andata finisce 0 a 0, emblema della tensione di una città in silenzio, che ha paura di esporsi troppo e poi soffrirci, nel tifo come in campo.
Il ritorno è per forza di cose più arrembante, ma pur sempre bloccato, perché dietro ci sono gli dei, e davanti delle controfigure dei rispettivi campioni, fino al minuto 46, in cui Clarence Seedorf, che di Champions nel 2003 ne ha già vinte 2, innesca Sheva con un filtrante da playstation: molti diranno che Cordoba in marcatura su di lui commetta l'errore più grave della sua carriera: il colombiano non combina niente di male, porta l'attaccante sull'esterno, e se anche è preso in controtempo, sa che il suo portiere Francesco Toldo sta giganteggiando in uscita... l'Usignolo di Kiev però riesce ad ingannare la fisica ed alzare la palla addirittura sotto la traversa, praticamente da terra, un gol famelico e magico.
Se nel Milan è tornata la star, l'Inter deve recastare, dentro il 18enne Obafemi Martins per Recoba, l'unico che possa indurre il difensore più forte di sempre, Paolo Maldini, all'unico "errore" paradossalmente possibile, il peccato di superbia per cui all'83esimo non anticipa il piccolo Oba di testa, che dopo un fortuito rimpallo fulmina Christian Abbiati per accendere i 10 minuti più tesi della Milano calcistica.
Ci vorrà un miracolo del portiere rossonero su Kallon perché il primo Milan del d'allora in poi mitico Ancelotti, approdi e poi possa vincere la Champions League 2003, sorpassando un Inter che non ha mai demeritato veramente, e infatti perde solo per la vecchia beffa del gol in trasferta di Sheva, che invece paradossalmente si è visto essere acclamato nel suo stadio, la Cattedrale del calcio, nel derby più bello e struggente di sempre.
Fino a domani sera...
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