Vivevo allora su una poltroncina
La cui pelle era sgualcita e la radice arroventata.
Certamente si placava la farsa di giornata
Con bagni di morfina,
Moine e coccole di cioccolata.
Il cosmo per me un brandello umano,
Un'arena, un palco ai lati della sala:
Ma dei teatranti orchestrano un drappo
Rosso, con occhio mondano,
Una vecchia sentenza, il soffitto infinito
E il sipario che cala.
Orrore! Spira ancora la prona Civiltà,
Mutilata da un colpo ossuto dell'amorfo rito,
La taglia in due la luce
Che è materia brillante o brutale irrealtà.
Ecco, nuovamente:
Nella bocca coatto copione,
Dentro e intorno le stesse poltrone
E anche l'eletto votante gioisce latente in lutto.
Civiltà, qui si è uccisa e insieme a lei
Il teatro tutto.
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